Studio Legale De Caprio Avvocato Penalista e Cassazionista in Roma

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Con il reato di riciclaggio, disciplinato all’art. 648 bis del nostro codice penale, si individua una serie di attività poste al termine di una “filiera” criminosa, volte a ripulire e rendere irrintracciabili proventi di derivazione illecita. Frutto di una lunga elaborazione legislativa, e di aggiustamenti successivi nel corso degli ultimi decenni, l’attuale norma sul riciclaggio, eccettuando espressamente i casi di concorso nel reato, prevede l’incriminazione di: “chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.

Ipotesi “classiche” di lavaggio del denaro sporco sono ad esempio rappresentate dal dirottamento dei capitali illeciti presso istituti di credito che beneficiano del segreto bancario, paradisi fiscali e società off-shore; o comunque dal loro impiego in operazioni che ne occultino la provenienza. Il denaro così ripulito torna quindi ad essere disponibile in patria, per investimenti in attività lecite e apparentemente del tutto scollegate dalla fonte delittuosa dei guadagni.

Perseguendo tali condotte, l’ordinamento mira a colpire le fattispecie criminose a monte ( traffico di droga, sfruttamento della prostituzione, frode, evasione fiscale…) – spesso gestite dalla criminalità organizzata – ed al contempo, a riparare l’economia nazionale dai pericolosi effetti distorsivi che il riciclaggio produce sul ciclo economico, alterandone i naturali meccanismi concorrenziali. Riguardo i possibili soggetti attivi, l’incipit della norma esplicitamente esclude l’imputabilità a titolo di riciclaggio di chi abbia a qualunque titolo preso parte al reato – presupposto. In questo caso, il legislatore ha evidentemente ritenuto la punizione della fattispecie principale strumento sufficiente ad annullare il disvalore dell’attività criminale, rinunciando a perseguire anche il c.d. autoriciclaggio. Non è sempre facile, tuttavia, distinguere il correo dal riciclatore. Viene in aiuto a questo proposito il criterio della causalità della partecipazione, ossia del valore determinante del contributo materiale o psicologico prestato dal soggetto, ai fini della commissione del reato. In altre parole, stando anche a quanto affermato dalla Corte di Cassazione ( Cass., sez. V pen., 2007), un eventuale preventivo accordo sulla successiva “pulitura” dei proventi del delitto, costituisce concorso nel reato-presupposto, e non già riciclaggio, qualora sia stato decisivo nel determinare o rafforzare la volontà dell’autore del reato-presupposto. Il reato di riciclaggio è punito con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da 1.032 a 15.493 euro.