Le tre figure delittuose di cui all’art. 570 c.p. ( “Violazione degli obblighi di assistenza familiare”), in posizione di reciproca autonomia l’una dall’altra  sono state poste dal legislatore a presidio dell’istituto del matrimonio, per prevenire e reprimere le violazioni del vincolo di solidarietà materiale e morale che informa la disciplina dei rapporti familiari nel nostro ordinamento.
Il primo comma fa riferimento a un dovere di “generica” assistenza nei confronti del coniuge o dei figli minori, appoggiandosi sui concetti, variamente interpretabili, di ordine e morale comune, e sanzionando altresì il c.d. “abbandono del tetto coniugale” ( si legge infatti nel testo della norma: “chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza…”).

Il secondo comma dello stesso articolo considera invece gli aspetti più squisitamente materiali della condotta, perseguendo:
1) Chi malversa o dilapida i beni del coniuge o del figlio minore;
2) Chi fa mancare mezzi di sussistenza ai discendenti ( non solo figli, quindi, ma anche nipoti) minori oppure inabili al lavoro, agli ascendenti, o al coniuge il quale non sia legalmente separato per sua ( del coniuge) colpa.
Come detto, la prima fattispecie dà evidentemente adito ad una certa “libertà” interpretativa da parte del Giudice, sia in relazione al contenuto del dovere di assistenza familiare, di fatto non definito dalla norma, sia per quel che riguarda il valore da attribuirsi – a settanta anni di distanza dall’entrata in vigore del codice – all’espressione “ordine e morale delle famiglie”.

Meno problematica risulta l’applicazione del numero 1) del secondo comma, a proposito del quale va precisato che la malversazione dei beni è integrata non da un atto singolo di appropriazione, bensì da una condotta reiterata nel tempo. Infine, riguardo l’ultima ipotesi di violazione degli obblighi di assistenza, occorre chiarire che i mezzi di sussistenza non consistono nel mero vitto e alloggio, ma hanno ad oggetto, secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, la soddisfazione delle basilari esigenze di vita, perciò anche ( almeno): vestiario, spese mediche, istruzione e spostamenti. Allo stesso tempo, però, il concetto di “prestazione dei mezzi sussistenza” non può considerarsi sovrapponibile a quelli civilistici di “mantenimento” o “alimenti”: è da escludere, quindi, la perseguibilità a norma dell’art. 570 del coniuge separato che non adempia all’obbligo alimentare stabilito dal giudice della separazione. Infine, una condizione di assoluta impossibilità del coniuge / genitore a fornire i mezzi di sussistenza, opera come causa di esclusione del reato.